domenica 30 dicembre 2007

dell'essenziale

Un tempo
là fuori
ho rubato la luce
per delineare
i contorni
dell'essenziale.

giovedì 13 dicembre 2007

Irene Leo

Mi destai un giorno dal torpore

grazie mauro...davvero! onorata di essere nei tuoi nonluoghi poetici. Mi fa piacere...
Cero che sì, pubblica pure il mio racconto...senza problemi :)
Ti confesso che ne ho numerosi...oltre a liriche varie. E su "là fuori" intendo costruire una storia più corposa...è un lavoro in progress.
Cmq nel caso tu volessi postare altro secondo modi e tempi tuoi, puoi attingere a www.bloggers.it/Psiche

ecco ti lascio qui un altro racconto...about vera bellezza. Dedicato a tutte quelle bellissime donne, di bellezza sottopelle e cuore, che ancora hanno da scoprire quanto sono uniche...e libere d'essere meravigliosamente imperfette.
Un abbraccio
Irene

Musa

Mi destai un giorno dal torpore. Il torpore dolce del miele che sgorga lento, fluido e sublime sopra le cose, gli oggetti, i momenti. Spigoli camuffati di tondo bene, di sogni e desideri.
Mi svegliai come quando un tuono inatteso lambisce d'improvviso il cielo estivo. E fu bizzarro alquanto aver consapevolezza diversa e nuova di quel tutto.
Mi ritrovai imbrigliata tra le tende pesanti, broccato rosso e consistente, di muta e altrui disperazione, dalla trama fitta, che leva il respiro.
Impossibilitata nei movimenti, avvertii un torpore ed una muta preoccupazione e mille voci.
Finalmente aprii gli occhi. Cominciai a respirare offuscata dalle malie dei petali carminio, profumati d'oriente, dai toni d'azzurro e blu del mare. Cominciai a respirare, con i miei polmoni.
Le parole riacquistarono il senso sereno dell'equilibrio, e da lontano cominciarono a sfumare.
Il pensiero come un destriero purosangue, cominciò a galoppare veloce oltre, cancelli, mura, orizzonti, oltre i recinti di belle speranze che aggradano ma imprigionano, oltre gli amori cantati e taciuti, oltre gli acquerelli di poesie declamate alla luna.
Compresi che non erano altro che semplici prove. Prove d'amore che ogni cuore decantava a se stesso, quasi come fosse una rassicurazione, un dare conferma al mondo, che si è ancora capaci di amare. Ma è difficile scrivere a se stessi, ed allora si inventa il volto di una Musa. Una qualunque che somigli parzialmente all'ideale di perfezione cosmica. Un prodotto tanto bello, quanto irreale. Feci per sollevarmi. Le mie ali erano appese al muro, come trofeo. Il mio nome, brillava come su una locandina da circo. Io che mai ho amato luci finte e sintetiche. Io che non ho chiesto mai. Nulla. Mi ritrovai invece con le mani piene, ed il cuore vuoto…
Mi sollevai. Mi scrollai lentamente dalle spalle la pesantezza del silenzio e cominciai a parlare.
Ma una sola parola sgorgò dalla gola arsa di vento e sussurri altrui. Stanca di sorridere e felice di piangere e di apparire la creatura più imperfetta del mondo. Felice di non esserlo, Musa. Felice d'essere disgraziatamente umana. Aprii la finestra sul cuore, accanto al caminetto ardente dell'anima, per cambiare l'aria viziata di nostalgia.
Cominciai a parlare.
Sentivo il vento freddo della realtà sferzarmi il viso, con amara verità, provai dolore, sulla pelle fiorì un brivido, e si infranse la magione di cristallo in cui per troppo tempo era stata condotta, in maniera consenziente.
-Tacete!
Fu il grido.
E prese le mie ali, le indossai , in quanto parte di me, ed andai là fuori, senza dire altro, senza volare.
E dei petali carminio, dei profumi d'oriente, delle poesie declamate alla Luna, non rimase che il puntino luminoso di una stella destinata all'eclissi. Della Musa rimase il guscio vuoto di una cicala, appeso al sole. E dalla goccia di pioggia, sgorgata dal candore invernale, nacque una Donna libera e vera.

--
Irene Ester Leo

martedì 11 dicembre 2007

Lo scrigno è già vuotato!


di Elisabetta Liguori








Se un ladro entrasse ora

in questa casa

nel buio

troverebbe le tue impronte

sui libri,

la serratura che boccheggia,

i tuoi occhi posati.

Troverebbe nei cassetti la mia forma sottovuoto

lievemente spostata a sinistra,

nell’aria

e sorpresa,

ammonticchiati

i miei cd

con i segni delle tue dita sulla polvere.

Capirebbe così, quel ladro disonorato,

d’essere arrivato tardi.

Ché lo scrigno è già vuotato.

Resterebbe forse un paio di minuti a

dirsi niente

e poi sarebbe lui a chiamare la polizia.

venerdì 7 dicembre 2007

da Anonimo

"Quando sono nata tutto il mio amore si era già prosciugato..."
giusto il tempo
"...di sentire gli applausi al calar del sole..."
che subito notte mi avvolse.

Vorrei parlarti, ma un argomento non c'è

di Irene Leo


Il sapore

Vorrei far mio

il sapore della vita!

Incastonandolo a fondo,

a fuoco,

per non dimenticare.

Ma ogni istante,

bagnato di fugacità

me lo fa scivolare tra le dita,

come seta.

Nego d'ogni momento,

ne intravedo l'essenza passata,

nel presente non v'è modo,

troppo abbagliati gli occhi

da tanto e da tutto.

Troppo persi,

dietro ogni spettacolare,

soave o amaro capriccio.

Presi da ogni altrui

respiro,

da ogni sentimento.

Il gusto m'è sfuggito

forse ieri,

mentre distrattamente

mi muovevo,

come oggi,

languida e titubante

dietro

un altro attimo

dannatamente

vissuto.


Non c'è un argomento

Vorrei parlarti,

ma un argomento non c'è.

Un sovraccarico di pensieri

che si annullano vicendevolmente

affolla la mia mente.

Muta e silenziosa,

mi avvicino,

avanzo nei pressi del cuore,

senza proferire verbo,

senza distogliere gli occhi da te.

Ma questo silenzio imperante

brucia più di mille discorsi.

Eloquenti i respiri nervosi,

ed i gesti improvvisi

liberamente conseguenziali

a cadenzati sguardi fissi

bagnati da follia e istinto.

Un momento ed i giochi

cambiano per sempre,

stringi forte la mia mano,

accenni un sorriso,

e poi vai via.

Ma siamo una cosa sola.

Io ti ho, anche se non ci sei più,

anime impigliate nei rovi dei sentimenti,

assenti nella concretezza,

ma fugacemente vicine,

tanto che il tuo ultimo respiro notturno m'appartine

ed il primo mio pensiero del giorno

è tuo soltanto.

domenica 2 dicembre 2007

Metto da parte i pensieri

di Francesca A.

Sono seduta e cerco di formulare pensieri,
parlo sola
chiusa di nuovo in me stessa.
Sara’ soltanto un nuovo errore,
un ricominciare daccapo
una sfida vinta una volta,
ma ho ancora sete d'avventura e sogno di volare.

Metto da parte i pensieri
per quando potrò andare via,
per quando troverò qualcuno a darmi una mano
più in là e qui, nessuno ad aspettarmi.

E sogno, sogno Roma, la grande e immensa Roma.
sogno i suoi vicoli, la sua storia frastagliata,
la sua gente, la melodia delle sue macchine

e la fuga delle sue rondini.

I suoi parchi, le sue nuvole.
Sogno me stessa nel cuore di Roma e poi…
una nuova meta in una nuova vita
per dimenticare viaggiando con i ricordi di quell’ altro sogno,
quello che non si e' mai avverato.
sento parole nella gola
che vogliono uscire ma
che non hanno forma.

Un urlo,
voglio lanciare un urlo
per liberarmi l’anima da tutti questi desideri
che si fanno strada in ammassi di parole confuse e agitate
che non so scrivere…no, ancora non le so scrivere…non ancora.
ma prenderanno forma,
prenderanno forma in una cartolina,
inviata a marameo ad uno spiacevole ricordo.
Roma dove il sorriso arriva con il sorgere del sole.
Dove il sorriso diventa presto allegria.
Dove l’allegria pervade la notte.