mercoledì 11 agosto 2010

AGOSTO

… « Paura, Mi sono spaventato un po’ quando ho sentito bussare, non avevo pensato che potessi essere tu, ma non avevo paura, era soltanto la solitudine, Questa poi, la solitudine, quanto dovrai ancora imparare per sapere cosa sia, Ho sempre vissuto da solo, Anch’io, ma la solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, la solitudine non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia, tra la foglia e la radice, Stai farneticando, tutte le cose che nomini sono legate fra loro, lì non c’è nessuna solitudine, Lasciamo stare l’albero, guardati dentro e vedrai la solitudine, Come si suol dire, solitario anche fra la gente, Peggio ancora, solitario stare dove non ci siamo nemmeno noi stessi […] Non era di quella solitudine che io parlavo, ma dell’altra, quella di stare con noi stessi, quella sopportabile, che ci fa compagnia, Anche su questa c’è da dire, a volte non riusciamo a sopportarla, invochiamo una presenza, una voce, altre volte quella stessa voce e quella stessa presenza servono solo a renderla intollerabile […] non ricordo di essermi sentito veramente utile, credo anzi che sia questa la prima solitudine, il non sentirci utili » …

(José Saramago, L'anno della morte di Ricardo Reis)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

La poesia da lettere adelphi è bellissima. Profonda, suscita verità.

Anonimo ha detto...

...Perciò tu scrivi, mi raccomando. Se leggo le tue lettere è come averti sempre accanto. Dove ero adesso? Non sapevo dove fosse quel posto... Quello che vedevo attorno a me era solo una folla di gente che mi passava accanto diretta chissà dove. Da quel luogo che non era da nessuna parte rimasi in linea con Midori.
(Norwegian Wood)

Anonimo ha detto...

Sii dolce con me. Sii gentile.

da "Bestia di gioia"

Sii dolce con me. Sii gentile.
E’ breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci -
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore. nei libri.
M.G.