lunedì 5 novembre 2007

Io parlo all’amore. Lo scortico dall’incrosto


La poesia di Mariangela Gualtieri

di Rossano Astremo da http://www.poiein.it



Come non amare la scrittura di Mariangela Gualtieri, la registrazione rapsodica e, a tratti, delirante, della sua emotività tagliente, del suo flusso emotivo corrosivo, della sua coscienza pura, verginale, volta a cogliere le limpide corrispondenze tra l’essenza dei suoi stati d’animo e il mondo che attorno le si agita.

L’ interesse, poi, si accresce se si considera la destinazione teatrale delle sue costruzioni in versi: gli spettacoli del Teatro della Valdoca, fondato dalla stessa Gualtieri, insieme a Cesare Ronconi, nel 1983, sono frutto dell’agitarsi perpetuo della creatività visionaria e dirompente della scrittrice di Cesena, le costruzioni delle scene e le azioni degli attori acquistano sostanza grazie la parola sorgiva e istintiva della stessa.

è uscito, in questo 2003, per Einaudi, una raccolta di versi , Fuoco Centrale ( e altre poesie per il teatro), curata dalla stessa autrice, dalla quale parto per poter cogliere gli elementi di profonda originalità del suo poetare.

Consideriamo questo testo :

Io parlo all’amore. Lo scortico dall’incrosto

nel sogno e ne faccio musica storta

ne faccio delicato vento che solleva o dondola

e impollina al cuore. Alla scomposta

mente, impollina l’occhio con l’occhio

l’occhio con l’animale e viene il bello

che ci sviva, ci sviva tutti. Di più.

Ciò che emerge, nei versi della Gualtieri, è un totale salto in avanti rispetto ad una concezione della poesia ben ordinata nel suo pacchetto metrico e stilistico e un assoluto lasciarsi andare della parola che diviene strumento profondo di analisi, potente meccanismo terapeutico, straziante e sublime terreno sul quale poter spargere i semi dello stato sorgivo del proprio essere:

Io sono spaccata, io sono nel passato prossimo,

io sono sempre cinque minuti fa,

il mio dire è fallimentare,

io non sono mai tutta, mai tutta, io appartengo

all’essere e non lo so dire, non lo so dire,

io appartengo all’essere, all’essere e non lo so dire

Questa analisi senza veli del proprio Io diviene martellante, ossessiva, a tratti nauseante, ma mai stancante, ponendoci di fronte a partiture in versi che raggiungono livelli di lirismo

indiscutibili:

Io non so se l’amore sia una guerra o una

tregua, non so se l’abbandono d’amore

sia una legge che la vita cuce fino al

ricamo finale. Io non so

che farmene di questi amici che premono,

non so che farmene oggi di questo oggi

e me lo ciondolo fra le dita perplesse,

non so parlare quello che

è sentito nel profondo me, non so parlarlo

quell’essere qui presente fra le vite degli

altri.

o ancora:

Io non so se la solitudine, se quello

strazio chiamato solitudine, se quell’andare

via dei corpi cari, se quel restare soli

dei vivi, io non so se quel lamento della

solitudine, se quel portarci via le facce

se quel loro sparire

di facce che avevamo dentro il respiro, non so

se il dono sia questo portarci via le

carezze, questa stacciatura.

è poco il poco che so e di questo

poco io chiedo perdono. Io chiedo

perdono per quello che so, perdono io chiedo

per tutto quello che so.

Quella della Gualtieri è una poesia volta alla continua ricerca interiore, dove i presupposti di un approccio formale al testo vengono sfibrati e allentati per supportare la sensibile logica di una esasperata profondità dell’essere.

In quest’azione viscerale, che sfocia, poi, nella composizione del testo poetico, la Gualtieri è profondamente vicina ad Amelia Rosselli, poetessa dell’anima in fiamme e del cuore in sangue. Infatti, scrive la poetessa di Cesena: «Per devozione, per troppa passione, ho rubato qualcosa ad Amelia Rosselli, me la sono tenuta in braccio, a volte, mentre scrivevo».

L’oltre, il valore aggiunto della scrittura di Mariangela Gualtieri va ricercato nella resa teatrale dei suoi testi. In questo l’armonia d’intenti con Cesare Ronconi è fondamentale.

È come se l’approccio informale della sua scrittura, l’action writing che la sostiene, trovasse la sua compiutezza nella struttura che la regia di Ronconi riesce a dare, rendendo, di conseguenza, il Teatro della Valdoca una delle compagnie più affascinanti e stimolanti presenti nel nostro Paese.

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