sin d’ora
nell’umida quiete
di quei boschi
specie nel sottobosco
ninfale che
bagnando nutre.
Dorme l’inverno
a fondo
tra nebbia fitta
vola alato
che si spande
nell’umida quiete
di quei boschi
specie nel sottobosco
ninfale che
bagnando nutre
Al solstizio invernale
solitaria creatura
se ne va
quale larva leggera
che aleggiando prova
Naturale Mente
che si rinnova
Ancestrale Corpo
che si sfiora
Vuole il latte
il miele e i fiori
così lasciati
in luoghi ameni
per laghi valli
fiumi e monti
pullulanti di
sogni e di respiri
troppo ampi e profondi!
Di tale ampiezza
canta corale
nel riverbero di
materia sottile
che si spande
tra i sentieri intrecciati
di quei boschi
specie nel sottobosco
ninfale che
bagnando nutre
Sgorgano essenze
pure d’artificio
e linfe di corolle
che si tengono in braccio
come un infante
concentrato siderale
d’ogni campo
morbide corrispondenze
nude di forme
e di colori
eppur vivaci e dense!
Di rado trema
il pendio
trema il gelsomino
invernale che così
incosciente muta
le foglie verdi in fiori
incurante di
tutto il freddo
di tutto il forte
ansimare dell’inverno
Lieve demenza
cui non m’abituo
perché tra i miseri
anfratti umani
regna l’Artificio
aura polare artica
con carente energia
carente ossigeno.
Culto ninfale
scendi qui
nelle grotte
estatiche e sommerse
tra gli schemi
mentali ed eloquenti
dei popolini
della gente
Non voglio l’immortale
dono dalla fonte
ma solo carezza
che distende
come volo
di farfalla
che lievemente scende.
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