da Pablo Neruda / di Nadia
Quello che mi diceva mia madre
non può certo essere vero.
Diceva: una volta macchiata tu non diventi più pura.
Per la tela non lo puoi dire,
neppure per me tu puoi dirlo.
Poiché quando il primo mi strinse tra le braccia,
e io strinsi lui sentì dal grembo e dal petto sfuggire i cattivi impulsi.
Così va per la tela.
Mi davano nomi cattivi e divenni una cosa cattiva.
Con il risparmio e con il digiuno non c'è donna che si ristabilisca.
Se nel cassone la tela giace a lungo
Nel cassone poi diventa grigia.
in un'altra annata.
Vidi, quando tutto fu diverso,
che anche io ero cambiata.
Immergila nel fiume e agitala.
C'è sole.
Come prima diventa nuova.
Lo so: tante cose possono capitare
Finchè non ti capita più nulla.
Solo la tela mai indossata
È stata una cosa sprecata.
Se si è fatta tutta lacera
Più nessun fiume la rende pura.
La sciacqua, la riduce a stracci.
Nel sole rosso sulle pietre amo le chitarre
Sono interiora di bestie, la chitarra canta bestialmente,
divora piccole canzoni.
L'essere che io porto capita in un mondo perverso
quando gli errori sono esauriti siete come ultimo compagno
di fronte a noi il nulla
per quante volte tu guardi il fiume non vedi mai la stessa acqua.
Non guardar fissa l'onda che si frange al tuo piede
fino a quando sari immerso nell'acqua verranno
io che nulla più amo dello scontento per le cose mutabili.
Così nulla odio più nel profondo scontento
per le cose che non posso cambiare.
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