La mia fiaba!
Quella che vi sto per raccontare è una bella fiaba, reale in ogni suo particolare tranne che nel nome della protagonista.
C’ero una volta…
Mi chiamo Noemi e sono una ragazza di ventisei anni. Sono nata in un piccolo paese in provincia di Lecce, in una famiglia apparentemente normale. Sono stata una bambina serena, forse un po’ troppo sensibile, una bambina paurosa, ma non timida. Mia madre e mio padre lavoravano ed io trascorrevo gran parte del tempo con le mie nonne - soprattutto quella materna - una zia e una prozia…la classica famiglia meridionale! Non ho avuto un’infanzia traumatica, almeno credo…Forse, a pensarci bene, tutta la mia vita non è poi peggiore di quella di tante altre. Mi ritengo una persona tranquilla, ho sempre fatto tutto il possibile per accontentare i mie genitori, per essere la figlia perfetta, la nipote perfetta, l’amica perfetta, l’alunna perfetta. Poiché nessuno è perfetto, circa dieci anni fa o forse anche più ho deciso di diventare Nessuno. A dodici anni ho cercato di ribellarmi a determinati schemi, che dovevo seguire e che non sentivo miei, ma allora e forse neanche adesso ho la possibilità di scegliere da me. Devo solo fare quello che gli altri mi dicono, anche in silenzio…un silenzio che a volte è più autoritario di qualsiasi altra parola. Come se non bastasse, fisicamente non mi piacevo, mi vedevo sempre più grossa rispetto alle mie amiche e così ho pensato bene di fare una dieta. A quindici anni iniziai la famosa “dieta del minestrone”, che nel giro di una settimana è riuscita a farmi perdere ben cinque chili, recuperati con gli interessi la settimana successiva! Da allora il mio corpo ho assaggiato la dieta del momento…l’ultima ritrovata pubblicitaria. Ero molto attenta a mascherare ad ogni persona e principalmente a me stessa che il cibo ed il mio corpo stavano per diventare un’ossessione. Quando misi un po’ di soldi da parte mi recavo in farmacia ed acquistavo (ovviamente per una mia amica) pillole e beveroni dimagranti. Non vedevo alcun risultato, ma continuavo a prenderli e sempre in dosi maggiori. Mi sentivo bene, credevo di essere cresciuta, di far parte del mondo degli adulti. Una volta dimagrita, potevo essere anch’io oggetto del desiderio dei ragazzi e come se non bastasse avrei avuto un doppio vantaggio: diventare perfetta! Ma perché non dimagrivo mai abbastanza? Ero sempre grossa…le pillole non funzionavano più da sole, dovevo aumentare l’attività fisica. Ho sempre amato lo sport, ma il movimento che facevo non bastava più. Necessitava di un potenziamento e di un aumento della frequenza. No! ero ancora troppo grossa… Sono diventata vegetariana, la pasta non la digerivo, mangiavo e poi sputavo nei tovaglioli di carta... Ma ancora tutto questo non bastava. E allora mangiavo sale per poter vomitare. Passano gli anni. L’attenzione per il cibo si trasforma in ossessione… io non volevo vedere. Le relazioni interpersonali cambiano. Ero una ragazza socievole, amavo stare in compagnia… Divento una ragazza facilmente irritabile, attenta alle calorie, alla forma fisica, che ama la solitudine. Non ho rispetto degli altri, non riesco ad avere un confronto senza che esso sfoci in un litigio e una successiva chiusura. E poi inizio a mentire anche a me stessa! Quando qualcuno cerca di giustificarmi, i sensi di colpa mi assalgono e le abbuffate crescono sempre di più. E’ difficile parlare delle mie relazioni, ho fatto male a tutti e molti mi hanno fatto male. Non so se perché loro non capivano me o se io non riuscivo a spiegarmi. Molto spesso ho rinunciato a lottare, ho percepito che i miei genitori volevano sempre che io restassi bambina e quando mi comportavo da persona adulta c’era sempre qualcosa che non andava. Non avevo previsto un dettaglio, non avevo chiesto il loro consiglio. Volevo farcela da sola! Ma se provo a diventare autonoma i silenzi dominano in casa. Come se non bastasse loro dicono che mi hanno lasciata sempre libera di scegliere ma…in modo subliminale governavano e governano la mia volontà. Per renderli felici e avvicinarmi sempre più al mio ideale di perfezione, annullo la mia volontà. Soffro troppo nel sopprimerla ogni volta…sto male. E così ho pensato bene di non sentirla più, le tolgo la voce…non riesco ad ucciderla, non riesco a sostituirla con quella degli altri. Anche muta lei parla, le parole afone mi feriscono, si ribellano ed io le ignoro puntualmente. Ora non la riconosco più, non so se la voce che sento è la mia o quella degli altri. Dentro di me c’è solo caos, vuoto, voragine, guerra. Riesco a fidanzarmi – una storia che dura ben cinque anni - ovviamente con un ragazzo che piace ai miei o così credevo! Non è mio amico, non gli vado bene, non gli piaccio così come sono. Cercavo in lui una valvola di sfogo. Credo che con i genitori un rapporto conflittuale sia anche “normale”, ma con il proprio ragazzo no. Mi chiude in casa è ossessivo e possessivo. Sto male, i miei non vedono e mi colpevolizzano, anche perché io sono muta, non parlo e poi so fingere bene: sono libertina dicono e lui fa questo per il mio bene. Faccio una cosa che non credevo sarei stata in grado di fare: tradisco il mio ragazzo. Quanti sensi di colpa. Io che sono sempre cresciuta secondo una morale cattolica, mi ritrovo a fare cose assurde. Mi vergogno tantissimo. Ho due vite: una apparentemente normale, l’altra peccaminosa e contraria ad ogni morale. Non riesco a guardare negli occhi i miei genitori, continuo a frequentare la chiesa e i sensi di colpa aumentano. Prendo in giro tutti. Non posso lasciare il mio ragazzo, lui mi ama, anche se mi chiude in casa, se mi offende, se mi dice che mi ha pagata troppo perché sono una puttana. Io l’ho tradito…non ho avuto il coraggio di lasciarlo né di dirgli la verità e poi per chi? Nessuna relazione seria, sono andata a letto anche con persone che non conoscevo…forse sono diventata quella che lui mi diceva di essere. In più dovevo andare a letto con lui, anche quando non volevo, perché dovevo dimostrare che l’amavo. Io molte volte non volevo, ma dovevo…mi facevo sempre più schifo! Mi faccio schifo, sono una spazzatura. L’unica cosa che posso fare è andare via da casa. Mi trasferisco a Torino, io volevo andare in un’altra città ma il mio ragazzo mi obbliga a stare con lui, a convivere. So che i miei, da buoni cattolici, non sono favorevoli alla convivenza. Ma sono in grado di decidere da sola? Sono adulta, non sono più una bambina. Non voglio vivere con lui, non voglio stare con i miei. Cosa voglio fare?…non lo so! Come è possibile? Decido di vivere con lui. Un anno e mezzo di prigionia e di bugie, anche di tradimenti. A Torino sono sola, posso abbuffarmi con più facilità e poi lì scopro i lassativi. Novanta al giorno sono sufficienti. Il dolore provato lo meritavo tutto…così mi sentivo svuotata completamente. Vomito, lassativi, attività fisica, digiuni, abbuffate, pillole dimagranti, diuretici, cibo mangiato dalla spazzatura: la mia giusta punizione! Dovevo stare male. Da questo momento in poi il buio mi avvolge, tutto va in rovina. Mi convinco sempre di più che la mia vita ormai è finita: sono stata condannata a stare seduta su di una poltrona di ferro e vedere la mia vita. Sono un vegetale che aspetta di morire…ho tanta voglia di vivere che desidero morire per non vedere la mia vita vissuta senza un’anima. Ma non ho nemmeno il coraggio di farla finita. E allora vivo l’inferno! Non posso più innamorarmi, non lo merito, non sono degna di stare con i miei, la vergogna, i sensi di colpa sono insopportabili…e poi è anche colpa loro. Si, sono incazzata con loro, non mi capiscono…non riescono ad accettare un diverso modo di pensare. Per loro la felicità non esiste, c’è solo il sacrificio, il non godere. Anche la tavola diventa un dovere, una cosa fatta in fretta, dove l’indifferenza è il piatto forte. Voglio scappare, ma non ho un lavoro e non so dove andare. Nessun luogo mi mette al sicuro da me stessa. Sono vittima e carnefice; mi consumo in un sadomasochismo che mira ad annichilirmi. Non riesco a diventare Nessuno. Voglio scomparire, ma sono condannata…più mi consumo più devo mangiarmi per potermi consumare, ma non finisco mai! Poi… Poi dentro di me uno spiraglio di normalità riaffiora e, come in un sogno, mi fa assaporare il dolce sapore della me che non è morta, ma solo imprigionata. Ho un bavaglio, per questo non riesco a sentirmi; mi faccio pena e nello stesso tempo mi torturo. Come in tutte le fiabe che si rispettino incontro il mio principe azzurro, ma non può liberare la principessa rinchiusa nella torre! Solo io lo posso fare. Mi vergogno a stare con lui, come faccio a regalargli una me che è un mostro. Un brivido caldo, una voce forse flebile eppur percepibile dice che il mio cuore batte ancora e che ce la posso fare, posso guarire. Una telefonata … apro gli occhi: quello che ancora avevo ignorato è che sono malata. Non posso farcela da sola, ho bisogno di cure, di persone esperte e competenti. Fortunatamente qui a Lecce è attivo un centro di cura per i disturbi dell’alimentazione. Ora so che - dopo una breve fase anoressica - sono affetta di bulimia nervosa. Il percorso è molto faticoso, la malattia ha compromesso la mia volontà, mi sta divorando. La bacchetta magica… La cosa bella è che esiste una cura… sembra strano, un sogno! A volte la realtà riserva sorprese così banali, per questo non cercate, ma essenziali…gocce di vita. Dopo alcuni mesi di attesa, si aprono le porte del centro: fate in vesti di streghe, torri con altre principesse imprigionate come me…ho paura ma non sono sola! Ogni cosa che tocco si trasforma in cibo che minaccioso è lì, per esser ingerito e trasformarsi in cumuli di grasso, che copriranno questo donna morta in marcia. Poi le fate si spogliano dei loro abiti grotteschi e il cibo da anima al mio corpo inerme. Sa di buono! ogni alimento ha un gusto nuovo…ho fame. Sì! le persone sane hanno fame e non devono sentirsi in colpa per questo. Avere fame non è sinonimo di “ciccione”…è normale! Molti traumi, molte separazioni violente hanno segnato la mia vita. Non le voglio raccontare. Ho paura che possano ancora farmi male. Non avverrà il miracolo, il passato non lo dimenticherò, i suoi segni resteranno indelebili nella mia anima, ma avrò nuovamente un’anima…che bello! Le persone accanto a me non cambieranno, gioie e dolori si alterneranno, non vivrò felice e contenta… Vivrò... Vivrò e godrò ogni attimo del presente, vivrò e non abbandonerò più la mia vita!
Quella che vi sto per raccontare è una bella fiaba, reale in ogni suo particolare tranne che nel nome della protagonista.
C’ero una volta…
Mi chiamo Noemi e sono una ragazza di ventisei anni. Sono nata in un piccolo paese in provincia di Lecce, in una famiglia apparentemente normale. Sono stata una bambina serena, forse un po’ troppo sensibile, una bambina paurosa, ma non timida. Mia madre e mio padre lavoravano ed io trascorrevo gran parte del tempo con le mie nonne - soprattutto quella materna - una zia e una prozia…la classica famiglia meridionale! Non ho avuto un’infanzia traumatica, almeno credo…Forse, a pensarci bene, tutta la mia vita non è poi peggiore di quella di tante altre. Mi ritengo una persona tranquilla, ho sempre fatto tutto il possibile per accontentare i mie genitori, per essere la figlia perfetta, la nipote perfetta, l’amica perfetta, l’alunna perfetta. Poiché nessuno è perfetto, circa dieci anni fa o forse anche più ho deciso di diventare Nessuno. A dodici anni ho cercato di ribellarmi a determinati schemi, che dovevo seguire e che non sentivo miei, ma allora e forse neanche adesso ho la possibilità di scegliere da me. Devo solo fare quello che gli altri mi dicono, anche in silenzio…un silenzio che a volte è più autoritario di qualsiasi altra parola. Come se non bastasse, fisicamente non mi piacevo, mi vedevo sempre più grossa rispetto alle mie amiche e così ho pensato bene di fare una dieta. A quindici anni iniziai la famosa “dieta del minestrone”, che nel giro di una settimana è riuscita a farmi perdere ben cinque chili, recuperati con gli interessi la settimana successiva! Da allora il mio corpo ho assaggiato la dieta del momento…l’ultima ritrovata pubblicitaria. Ero molto attenta a mascherare ad ogni persona e principalmente a me stessa che il cibo ed il mio corpo stavano per diventare un’ossessione. Quando misi un po’ di soldi da parte mi recavo in farmacia ed acquistavo (ovviamente per una mia amica) pillole e beveroni dimagranti. Non vedevo alcun risultato, ma continuavo a prenderli e sempre in dosi maggiori. Mi sentivo bene, credevo di essere cresciuta, di far parte del mondo degli adulti. Una volta dimagrita, potevo essere anch’io oggetto del desiderio dei ragazzi e come se non bastasse avrei avuto un doppio vantaggio: diventare perfetta! Ma perché non dimagrivo mai abbastanza? Ero sempre grossa…le pillole non funzionavano più da sole, dovevo aumentare l’attività fisica. Ho sempre amato lo sport, ma il movimento che facevo non bastava più. Necessitava di un potenziamento e di un aumento della frequenza. No! ero ancora troppo grossa… Sono diventata vegetariana, la pasta non la digerivo, mangiavo e poi sputavo nei tovaglioli di carta... Ma ancora tutto questo non bastava. E allora mangiavo sale per poter vomitare. Passano gli anni. L’attenzione per il cibo si trasforma in ossessione… io non volevo vedere. Le relazioni interpersonali cambiano. Ero una ragazza socievole, amavo stare in compagnia… Divento una ragazza facilmente irritabile, attenta alle calorie, alla forma fisica, che ama la solitudine. Non ho rispetto degli altri, non riesco ad avere un confronto senza che esso sfoci in un litigio e una successiva chiusura. E poi inizio a mentire anche a me stessa! Quando qualcuno cerca di giustificarmi, i sensi di colpa mi assalgono e le abbuffate crescono sempre di più. E’ difficile parlare delle mie relazioni, ho fatto male a tutti e molti mi hanno fatto male. Non so se perché loro non capivano me o se io non riuscivo a spiegarmi. Molto spesso ho rinunciato a lottare, ho percepito che i miei genitori volevano sempre che io restassi bambina e quando mi comportavo da persona adulta c’era sempre qualcosa che non andava. Non avevo previsto un dettaglio, non avevo chiesto il loro consiglio. Volevo farcela da sola! Ma se provo a diventare autonoma i silenzi dominano in casa. Come se non bastasse loro dicono che mi hanno lasciata sempre libera di scegliere ma…in modo subliminale governavano e governano la mia volontà. Per renderli felici e avvicinarmi sempre più al mio ideale di perfezione, annullo la mia volontà. Soffro troppo nel sopprimerla ogni volta…sto male. E così ho pensato bene di non sentirla più, le tolgo la voce…non riesco ad ucciderla, non riesco a sostituirla con quella degli altri. Anche muta lei parla, le parole afone mi feriscono, si ribellano ed io le ignoro puntualmente. Ora non la riconosco più, non so se la voce che sento è la mia o quella degli altri. Dentro di me c’è solo caos, vuoto, voragine, guerra. Riesco a fidanzarmi – una storia che dura ben cinque anni - ovviamente con un ragazzo che piace ai miei o così credevo! Non è mio amico, non gli vado bene, non gli piaccio così come sono. Cercavo in lui una valvola di sfogo. Credo che con i genitori un rapporto conflittuale sia anche “normale”, ma con il proprio ragazzo no. Mi chiude in casa è ossessivo e possessivo. Sto male, i miei non vedono e mi colpevolizzano, anche perché io sono muta, non parlo e poi so fingere bene: sono libertina dicono e lui fa questo per il mio bene. Faccio una cosa che non credevo sarei stata in grado di fare: tradisco il mio ragazzo. Quanti sensi di colpa. Io che sono sempre cresciuta secondo una morale cattolica, mi ritrovo a fare cose assurde. Mi vergogno tantissimo. Ho due vite: una apparentemente normale, l’altra peccaminosa e contraria ad ogni morale. Non riesco a guardare negli occhi i miei genitori, continuo a frequentare la chiesa e i sensi di colpa aumentano. Prendo in giro tutti. Non posso lasciare il mio ragazzo, lui mi ama, anche se mi chiude in casa, se mi offende, se mi dice che mi ha pagata troppo perché sono una puttana. Io l’ho tradito…non ho avuto il coraggio di lasciarlo né di dirgli la verità e poi per chi? Nessuna relazione seria, sono andata a letto anche con persone che non conoscevo…forse sono diventata quella che lui mi diceva di essere. In più dovevo andare a letto con lui, anche quando non volevo, perché dovevo dimostrare che l’amavo. Io molte volte non volevo, ma dovevo…mi facevo sempre più schifo! Mi faccio schifo, sono una spazzatura. L’unica cosa che posso fare è andare via da casa. Mi trasferisco a Torino, io volevo andare in un’altra città ma il mio ragazzo mi obbliga a stare con lui, a convivere. So che i miei, da buoni cattolici, non sono favorevoli alla convivenza. Ma sono in grado di decidere da sola? Sono adulta, non sono più una bambina. Non voglio vivere con lui, non voglio stare con i miei. Cosa voglio fare?…non lo so! Come è possibile? Decido di vivere con lui. Un anno e mezzo di prigionia e di bugie, anche di tradimenti. A Torino sono sola, posso abbuffarmi con più facilità e poi lì scopro i lassativi. Novanta al giorno sono sufficienti. Il dolore provato lo meritavo tutto…così mi sentivo svuotata completamente. Vomito, lassativi, attività fisica, digiuni, abbuffate, pillole dimagranti, diuretici, cibo mangiato dalla spazzatura: la mia giusta punizione! Dovevo stare male. Da questo momento in poi il buio mi avvolge, tutto va in rovina. Mi convinco sempre di più che la mia vita ormai è finita: sono stata condannata a stare seduta su di una poltrona di ferro e vedere la mia vita. Sono un vegetale che aspetta di morire…ho tanta voglia di vivere che desidero morire per non vedere la mia vita vissuta senza un’anima. Ma non ho nemmeno il coraggio di farla finita. E allora vivo l’inferno! Non posso più innamorarmi, non lo merito, non sono degna di stare con i miei, la vergogna, i sensi di colpa sono insopportabili…e poi è anche colpa loro. Si, sono incazzata con loro, non mi capiscono…non riescono ad accettare un diverso modo di pensare. Per loro la felicità non esiste, c’è solo il sacrificio, il non godere. Anche la tavola diventa un dovere, una cosa fatta in fretta, dove l’indifferenza è il piatto forte. Voglio scappare, ma non ho un lavoro e non so dove andare. Nessun luogo mi mette al sicuro da me stessa. Sono vittima e carnefice; mi consumo in un sadomasochismo che mira ad annichilirmi. Non riesco a diventare Nessuno. Voglio scomparire, ma sono condannata…più mi consumo più devo mangiarmi per potermi consumare, ma non finisco mai! Poi… Poi dentro di me uno spiraglio di normalità riaffiora e, come in un sogno, mi fa assaporare il dolce sapore della me che non è morta, ma solo imprigionata. Ho un bavaglio, per questo non riesco a sentirmi; mi faccio pena e nello stesso tempo mi torturo. Come in tutte le fiabe che si rispettino incontro il mio principe azzurro, ma non può liberare la principessa rinchiusa nella torre! Solo io lo posso fare. Mi vergogno a stare con lui, come faccio a regalargli una me che è un mostro. Un brivido caldo, una voce forse flebile eppur percepibile dice che il mio cuore batte ancora e che ce la posso fare, posso guarire. Una telefonata … apro gli occhi: quello che ancora avevo ignorato è che sono malata. Non posso farcela da sola, ho bisogno di cure, di persone esperte e competenti. Fortunatamente qui a Lecce è attivo un centro di cura per i disturbi dell’alimentazione. Ora so che - dopo una breve fase anoressica - sono affetta di bulimia nervosa. Il percorso è molto faticoso, la malattia ha compromesso la mia volontà, mi sta divorando. La bacchetta magica… La cosa bella è che esiste una cura… sembra strano, un sogno! A volte la realtà riserva sorprese così banali, per questo non cercate, ma essenziali…gocce di vita. Dopo alcuni mesi di attesa, si aprono le porte del centro: fate in vesti di streghe, torri con altre principesse imprigionate come me…ho paura ma non sono sola! Ogni cosa che tocco si trasforma in cibo che minaccioso è lì, per esser ingerito e trasformarsi in cumuli di grasso, che copriranno questo donna morta in marcia. Poi le fate si spogliano dei loro abiti grotteschi e il cibo da anima al mio corpo inerme. Sa di buono! ogni alimento ha un gusto nuovo…ho fame. Sì! le persone sane hanno fame e non devono sentirsi in colpa per questo. Avere fame non è sinonimo di “ciccione”…è normale! Molti traumi, molte separazioni violente hanno segnato la mia vita. Non le voglio raccontare. Ho paura che possano ancora farmi male. Non avverrà il miracolo, il passato non lo dimenticherò, i suoi segni resteranno indelebili nella mia anima, ma avrò nuovamente un’anima…che bello! Le persone accanto a me non cambieranno, gioie e dolori si alterneranno, non vivrò felice e contenta… Vivrò... Vivrò e godrò ogni attimo del presente, vivrò e non abbandonerò più la mia vita!
Nessun commento:
Posta un commento